In Deficit Vestibolare Acuto, Malattia di Meniére, Vertigine Emicranica

Non credo che esista in medicina, un’altra patologia in cui le varianti cliniche rappresentino la regola più che l’eccezione.

La malattia nella sua completezza espressiva presenta segni e sintomi legati  ad un aumento di volume dello spazio endolinfatico e quindi segni riferibili ad impegno del labirinto anteriore e segni da riferire all’impegno del labirinto posteriore. 

Nella stragrande maggioranza dei casi  segni e si
ntomi : Ipoacusia, Acufeni Fullness e Vertigini, si presentano contemporaneamente nell’orecchio interessato, ma questo avviene solo, si fa per dire,  nel 40,5% dei pazienti.

 

Il restante 59,5% ha modalità di esordio differente.

Infatti la malattia può manifestarsi in modo monosintomatico, il paziente può avere solo vertigine, oppure solo gli Acufeni o solo l’ipoacusia. Se sommiamo le percentuali degli esordi monosintomatici siamo quasi al 27% dei casi.

 

 

 

Nella modalità di esordio bi-sintomatico l’associazione più frequente è ipoacusia ed acufeni, segue la vertigine e l’acufene ed infine vertigine ed ipoacusia. Anche in questo caso se sommiamo le percentuali di esordio in modalità  bisintomatica abbiamo un dato che supera il 32% dei casi. Quindi sommando le percentuali di esordio della sintomatologia e confrontandole tra loro ci accorgiamo che l’esordio tipico avviene in circa una volta su tre.

 

 

 

E raggruppando ancora le percentuali di esordio sintomatologico ci accorgiamo che l’esordio atipico (mono o bi-sintomatico) è più frequente dell’esordio tipico, con triade sintomatologia completa.

 

 

È molto interessante notare che, il tempo che intercorre tra l’esordio mono-sintomatico e il completamento della “triade” sintomatologica tipica, varia molto: nel caso in cui il sintomo di esordio è l’ipoacusia, la sintomatologia si completa in media dopo un periodo di 2 anni, mentre nel caso in cui il sintomo di esordio è la vertigine la sintomatologia si completa in circa 4 anni e mezzo. In sintesi se è coinvolto prima il labirinto anteriore la progressione della sintomatologia è molto più veloce rispetto al primitivo coinvolgimento del labirinto posteriore.

 L’unico dato certo della MdM è l’idrope endolinfatico che costituisce il prerequisito ma non la causa scatenante dell’attacco vertiginoso.

 

Infatti studi di anatomia confermano che se è vero che tutti i menierici presentano idrope endolinfatico, è anche vero che non tutte le situazioni idropiche labirintiche evolvono in MdM. E anche se partiamo dall’idrope, solo alcuni sintomi linkano bene con la situazione fisiopatologica altri certamente no.

 

 

Non sicuramente la crisi vertigine spontanea, un idrope da solo non giustifica la comparsa di un attacco vertiginoso acuto, quindi deve accadere qualcosa di altro dentro il labirinto. Così come il nistagmo e la dizziness mentre la  sindrome di Lermoyez è facilmente spiegabile facendo riferimento alla situazione idropica dell’orecchio. La crisi otolitica di Tumarkin non può essere direttamente correlabile alla situazione idropica dell’orecchio, anche se questo può essere un prerequisito. Mentre il fenomeno di Tullio linka bene con la distensione idropica del sacculo, che venendo a contatto con la platina della staffa può essere sollecitato da stimoli sonori.

Molte le varianti cliniche anche per quanto riguarda l’aspetto AUDIOLOGICO, la varietà classica della ipoacusia della forma idropica è un’ipoacusia molto caratteristica che riflette la situazione anatomopatologica della forma. 

Nelle fasi iniziali possiamo avere una ipoacusia trasmissiva o mista prevalente per le frequenze medio-gravi, curva in salita , Fluttuazione uditiva con ritorno alla norma. Altre varianti: Ipoacusia neurosensoriale cocleare nelle due forme Peach Shape, e Flat. 

Ma chi ha visto, nella sua esperienza clinica, molti pazienti con MdM sa che ci sono molti altri quadri possibili.

 

 

 

 

Addirittura sa che è possibile anche avere un esame audiometrico con perdita prevalente sugli acuti in discesa, ma anche sui toni medi. Quindi anche qui la regola è la “Non Regola”.

Possiamo senza dubbio affermare che tutte queste curve, sono compatibili con la diagnosi di malattia di Ménière.

 

Quindi la convinzione che l’ipoacusia nella Ménière debba essere necessariamente una curva in salita con maggiore perdita per i gravi e per i medi, dato che è presente nei criteri della Barany Society , dovrebbe essere rivalutata perché un diverso Shape non può far escludere la diagnosi di idrope endolinfatico.

Tutta questa variabilità espressiva spinge la Barany a formulare dei criteri abbastanza stringenti sulla definizione di MdM sia nella forma definita che nella forma probabile.

Da quanto riportato dai criteri della Barany Society, nella forma cosiddetta definita le vertigini devono essere di durata non inferiore a 20 minuti e di durata non superiore a 12 ore. Si può capire che questo limite temporale possa valere come punto di riferimento, ma nulla vieta che i nostri pazienti possano avere delle vertigini di durata diversa dal limite temporale indicato.

La stessa considerazione vale per il tracciato audiometrico, secondo questo documento, per la forma definita, deve essere documentata una ipoacusia sulle frequenze medio-gravi nell’orecchio interessato, mentre come abbiamo appena visto non tutte le forme idropiche correlano con questo pattern.

Ménière vestibolare e Ménière cocleare. 

Il problema della Ménière vestibolare è un problema molto complesso.  Come verificare l’esistenza selettiva di un idrope unicamente relegato al versante vestibolare? Solo con indagini di imaging, una risonanza ad altissima definizione, potrebbe essere possibile verificare l’esistenza di un idrope selettivo a carico delle strutture del labirinto posteriore. E tra l’altro non ci dimentichiamo come alcuni lavori hanno dimostrato che molte forme inquadrate come malattia di Ménière vestibolare in base ai criteri recenti della Barany Society e della International Headache Society potrebbero essere inquadrati più nell’ambito di una emicrania vestibolare che non di un quadro idropico.

Molto più importante il problema della Ménière cocleare che sintomatologicamente si manifesta con episodi ricorrenti di ipoacusia, Acufeni e Fullness senza vertigini, sintomi che potrebbero essere inquadrati, più che come delle varianti, come sintomi di esordio di una MdM classica.

Lavori più recenti della Stolzel pubblicati si Frontiers in Neurology nell’ottobre 2018, indicano chiaramente come dopo un primo episodio Acuto di ipoacusia che interessa i toni medio-gravi, la malattia possa evolvere verso la forma classica di MD definita in una percentuale che si attesta intorno al 16,9% dei casi. Ma se gli episodi di ipoacusia, con le caratteristiche che abbiamo adesso visto, diventano ricorrenti, e quindi l’ipoacusia è fluttuante, l’evoluzione verso la malattia di Meniere definita si attesta al 31,7% .

 

 

Un aspetto particolare della MdM sono gli episodi noti come crisi otolitiche  di Tumarkin. Sono caratterizzati da una violenta ed improvvisa perdita di equilibrio spesso con caduta e coscienza preservata. Si suppone siano innescati da cambiamenti improvvisi nella funzione otolitica.

Quello che caratterizza la “ Tempesta Otolitica” di Tumarkin è l’improvvisa insorgenza, l’imprevedibilità del deficit posturale con inevitabile caduta l’integrità dello stato di coscienza, il perfetto orientamento nel tempo e nello spazio e soprattutto l’assenza di vertigine.

La  brusca asimmetria del tono dei muscoli antigravitazionali di un lato e quindi la sensazione di essere spinti verso un lato e la conseguente caduta, è da correlare con la brusca insorgenza della maculopatia a carico degli organi otolitici nell’ambito delle fasi tardive malattia idropica di Meniere.

In questo esempio si noti la drammaticità della manifestazione. Il soggetto è assolutamente inconsapevole di cosa gli stia succedendo, in pieno benessere svolgendo le sue funzione di Sale-manager per la BMV. La cosa più drammatica e che il soggetto è impotente spettatore della sua caduta.

 

 

Ma una cosa è leggere che cosa è la crisi di Tumarkin e una cosa è viverla in prima persona. Ecco dunque un racconto di chi lo ha sperimentato.

 

“La gente pensa che si cada a causa di una violenta vertigine, o si cada perché si è in preda di una importante dizziness,  e credono che questo sia un un drop attack: assolutamente No!

Il drop attack è una cosa molto speciale si sente una cosa assolutamente differente da qualsiasi altra sensazione che ho mai provato nella mia vita!

Quello che ho provato è stato come se il mio corpo stesse cedendo, qualche volta mi sono sentita spingere, altre volte ho sentito come se  il controllo sopra il mio corpo fosse andato, ed tutto è accaduto prima che io me ne sia resa conto. Cosi sono stata scaraventata terra”.

 

Differenze tra fenomeno di Tullio e crisi otolitica di Tumarkin.

 

Abbiamo già detto che nel fenomeno di Tullio c’è una dilatazione idropica del sacculo, ed una aderenza tra la platina della staffa ed il sacculo dilatato che crea dei fenomeni di marcata instabilità posturale, ma anche caduta in seguito ad esposizione a rumori particolarmente intensi. In questo caso c’è però un fattore scatenante che è appunto la stimolazione sonora, mentre nelle crisi di Tumarkin non ci sono fattori precipitanti, la caduta è spontanea senza fattori scatenanti ed è violenta ed improvvisa.

Sindrome di Lermoyez.

Nel 1919 Lermoyez descrisse una particolare presentazione delle crisi vertiginose della malattia di Ménière nella quale il recupero dell’ipoacusia e la comparsa degli acufeni coincidono con l’insorgenza della vertigine,  ed ipotizzò che alla base di questa condizione vi fosse un processo ischemico a carico dell’orecchio interno.

È senza dubbio una variante di esordio della malattia di Ménière in cui quando compare la vertigine si ha un recupero uditivo. Ma finora ci sono pochissimi casi riportati in letteratura, quindi una tale conclusione è discutibile.

Il meccanismo patogenetico potrebbe essere il seguente: nelle fasi iniziali della malattia abbiamo l’ idrope è relegato esclusivamente al comparto cocleare per la presenza di una ostruzione meccanica, verosimilmente otoconi dislocati a livello del “ductus reuniens”. Ad un certo punto quando la dilatazione della struttura cocleare è particolarmente importante si realizza un effetto di superamento dell’ostacolo presente, e la progressione dell’idrope verso le strutture canalari, ecco che compare la vertigine e migliora l’udito.

Un altro aspetto che potrebbe essere utile ricordare sono i rapporti tra malattia di Ménière e Vertigine ed Emicrania.

Che ci fosse una  relazione tra emicrania e vertigine era già stata intuita e dallo stesso Prospero Ménière nel 1861, pubblica un articolo che testualmente recita:

“Le persone che sono soggette ad emicrania presentano spesso dei fenomeni analoghi a quelli che abbiamo segnalato. Ma bisogna dire che gli emicranici quelli con più intensa sintomatologia neurovegetativa,  spesso finiscono con perdita di udito e sordità. Non esito a considerare questa emicrania come dipendente da una lesione dell’orecchio interno.”

Tra Malattia di Ménière e Vertigine Emicranica esistono molte evidenze in cui sintomatologia e segni si sovrappongono per si embricano, si confondono. Le manifestazioni iniziali, sono spesso indistinguibili, sia dal punto di vista sintomatologico che strumentale, fatta eccezione per l’elettrococleografia che da sola è in grado di certificare l’idrope.

Infatti, inizialmente, anche nell’emicrania si può avere ipoacusia e fullness uni o bilaterale, prima o durante la crisi cefalalgica o anche in assenza di essa ed in particolare se consideriamo la variante vestibolare della MdM vediamo che segni e sintomi addirittura coincidono.

L’ archetipo di un soggetto con Vertigine Emicranica è un paziente di sesso femminile, di età giovanile, cinetosica almeno nell’infanzia, tendenzialmente ipotesa con comparsa di cefalea in età post-puberale e con familiarità emicranica; La familiarità deve essere valutata non solo in senso ascendente, cioè in consanguinei più anziani; ma anche in senso discendente figli o nipoti con manifestazioni vestibolari precoci quali la Vertigine parossistica dell’infanzia e il Torcicollo parossistico dell’infanzia.

La sintomatologia vertiginoso-posturale può esordire in vari periodi della vita e con rapporto temporale diverso con la cefalea. 

A Questo proposito torna molto utile la classificazione del Prof. Paolo Pagnini che intanto: divide la vertigine emicranica in due grandi famiglie: 

 

  • La vertigine emicranica associata 
  • La vertigine emicranica equivalente. 

Nella primo gruppo annovera:

Vertigine Emicranica Concomitante: L’emicrania e vertigine sono frequentemente associate a volte in momenti successivi e a volte invece le manifestazioni avvengono contestualmente.

Nel secondo gruppo annovera:

Vertigine Emicranica Inter-critica: sono quei pazienti che continuano ad avere attacchi di cefalea emicranica ed episodi vertiginosi alternando l’una con l’altra manifestazione.

Vertigine Emicranica Epigona: Sono quei pazienti in cui la Vertigine può esordire tardivamente rispetto alla fase florida della cefalea emicranica, permanendo o accentuandosi al recedere della cefalea, rappresentando così un ”equivalente tardivo”.

La reale difficoltà nella malattia di Ménière è il tempo che bisogna dedicare al paziente. ( ed è forse per questo motivo che le diagnosi non sono così frequenti!)

La raccolta dei dati anamnestici, essenziale per porre la diagnosi corretta è apparentemente semplice ma per niente scontata. La storia fornita spontaneamente dal paziente da sola non è mai sufficiente per la diagnosi: il corretto inquadramento si realizza solo quando lo specialista pone specifiche domande su tipologia, durata ed andamento temporale dei sintomi.

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