In Vertigine Emicranica

L’articolo definisce i rapporti tra vertigine e cefalea nella sindrome emicranica proponendo, inoltre, un criterio classificativo  clinico – diagnostico  degli episodi vertiginoso-posturali nel corso di emicrania. La distinzione dei disturbi-otoneurologici in ambito emicranico data dall’l.H.S nel 1988, risulta incompleta e priva di razionale clinico, per cui viene proposta una vera classificazione clinica basata su un criterio temporale, ossia che analizza sia il rapporto temporale tra singolo episodio di vertigine e singola crisi di cefalea, sia l’andamento degli attacchi di vertigine e di cefalea nella vita del paziente. Si individuano cosi due grandi famiglie di Vertigini Emicraniche (VE): la VE equivalente (VEE), dove i singoli attacchi di vertigine sostituiscono le singole crisi di cefalea e la VE associata (VEA), in cui la vertigine e la cefalea si associano nella stessa crisi emicranica. magari sovrapponendosi ma senza sostituirsi.

Nell’ambito delle VEA si distingue ulteriormente la forma in cui la vertigine assume i caratteri di aura emicranica (VEA come aura) e la VEA concomitante in cui cefalea e la vertigine si sovrappongono.

Invece nella famiglia delle VEE si distinguono equivalenti precoci, intercritici o tardivi a seconda che la sostituzione della cefalea con la vertigine avvenga prima durante o dopo la fase florida delle crisi cefalalgiche. Per porre diagnosi di VE bisogna innanzitutto dimostrare una esistenza di una sindrome emicranica. La raccolta anamnestica mirata e scrupolosa gioca un ruolo fondamentale nella diagnosi di VE e nella diagnosi differenziale tra le varie forme di VE, dal momento che l’indagine otoneurologica è per lo più negativa e non esistono specifici accertamenti clinici.

Per una corretta diagnosi vengono proposti dei criteri clinici indispensabili ed una serie di criteri clinici comunque importanti.

Premesse

I rapporti fra cefalea e vertigine sono conosciuti da più di duemila anni, come testimonia Areteo di Cappadocia che nel 131 a.C. descriveva un paziente che  “… aveva mal di testa, il suo capo roteava con senso di instabilità e negli orecchi aveva come il suono di un fiume che scorreva con grande rumore …”. Solo negli ultimi anni a livello internazionale si è assistito ad un rinnovato interesse per questa patologia, documentato dal proliferare di pubblicazioni su questo argomento.

Sintomo cardine della sindrome emicranica è e rimane la cefalea. I problemi clinici che vogliamo affrontare con la presente relazione sono fondamentalmente due:

  1. quale rapporto esiste fra cefalea e vertigine;
  2. in che modo è possibile porre correttamente una diagnosi di vertigine emicranica.

Dal punto di vista clinico la cefalea può essere inquadrata in primitiva, quando essa stessa rappresenta la malattia ed in secondaria, quando rappresenta un sintomo incluso nel quadro clinico di una malattia di differente natura (Tab. I).

Tabella I

In due situazioni i pazienti hanno una probabilità molto alta di andare incontro a vertigine: nella cefalea secondaria e nella cefalea primitiva emicranica.

Nel caso di cefalee secondarie, vertigine e mal di testa possono coesistere soprattutto nelle patologie che riguardano la fossa cranica posteriore, come per esempio neoplasie tronco-cerebellari, insufficienza del circolo cerebrale vertebro-basilare e traumi cranici.

Per quanto la vertigine e la cefalea primitiva non emicranica. solo pochi AA hanno cercato una qualche correlazione, risultando per lo più il rapporto incerto o poco convincente.

Negli ultimi anni, sono sempre più numerosi gli assertori degli stretti rapporti clinici esistenti fra vertigine e cefalea primitiva emicranica, spesso con una correlazione statistica altamente significativa . L’interdipendenza fra vertigine e cefalea emicranica è divenuta con il tempo talmente convincente, che un recente editoriale di Neurology ha come titolo “Time for more attention to migrainous vertigo?” ed un recente articolo del Journal of Laryngology & Otology inizia la discussione con la frase “migraine-related vertigo is infrequently diagnosed in our clinic”.

STORIA BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

I momenti bibliografici fondamentali della vertigine emicranica riteniamo che siano sostanzialmente cinque (Tab. II), anche se negli ultimi anni se ne sono aggiunti molti altri degni di attenzione.

Tabella II – Dati bibliografici  essenziali della vertigine emicranica.

  1. Basilar artery migraine Bickerstaff 1961 (Lancet)
  2. Benign Paroxysmal Vertigo in childhood Basser 1964’lBraln)
  3. Migraine without neadache Whittv 1967 (Lancet)
  4. Paroxysmal torticollis in infancy Snyder 1969 (Am J Dis Child).
  5. Benign recurrent Vertigo  Slater 1979 (J Neurol Neurosurg Psychilatr)

Bickerstaff nel 1961 studiò 17 giovani pazienti classificando i loro sintomi come emicrania basilare:

in questi casi la vertigine si associa alla cefalea ed ad altri sintomi, espressione di uno spasmo vascolare del territorio vertebro-basilare. Il quadro clinico è spesso imponente e grave per la contemporanea presenza di più segni neurologici. Questa patologia rappresenta, come vedremo, la prima descrizione della più importante forma di vertigine emicranica concomitante associata.

Basser nel 1964 ha identificato la vertigine parossistica benigna dell’infanzia, come sintomo precoce della cefalea in bambini con familiarità per emicrania e con elevata probabilità di sviluppare in seguito una emicrania con o senza aura.

Witty nel 1967 studia per la prima volta l’emicrania senza mal di testa introducendo il termine di equivalente; questa forma è da mettersi in correlazione, come vedremo, con il tipo di vertigine emicranica in cui l’attacco vertiginoso si sostituisce alla cefalea, rappresentandone pertanto un sintomo alternativo.

Snyder nel 1969 ha dimostrato l’ esistenza di un torcicollo parossistico in bambini con forte familiarità per emicrania e con elevata probabilità di sviluppare successivamente una cefalea emicranica.

Si tratterebbe di un sintomo precursore, espressione di disfunzione transitoria otolitico-spinale.

Qualche perplessità induce, infine, la definizione di vertigine ricorrente dell’adulto usata da Slater nel 1979 ; si tratta della prima casistica di soggetti emicranici che, durante la fase florida della loro cefalea, sostituiscono alcuni attacchi con vere crisi vertiginose. Il termine di vertigine ricorrente che tende a farne un’entità nosologica a sé stante, appare eccessivo: si tratta in effetti di attacchi vertiginosi espressione di equivalenti emicranici, che si manifestano in alternativa al mal di testa nel periodo florido della cefalea.

La commissione ad hoc dell’International Headache Society (I.H.S.) nel 1988  ha definito i possibili disturbi otoneurologici nell’ambito dell’emicrania. Nonostante abbia accettato la correlazione tra emicrania e vertigine, l’ I.H.S. non ha fornito una vera classificazione della vertigine emicranica né un razionale clinico interpretativo, ma ha stilato un semplice elenco dei disturbi otoneurologici  “dovuti ” all’emicrania e disturbi otoneurologìci “associati ” all’emicrania (Tab. III).

Tabella III – Disturbi otoneurologici in rapporto con l’emicrania.

L’elencazione include, tra le altre, le entità nosologiche già menzionate in bibliografia; è stata inserita anche la cinetosi, che è più espressione di un habitus, di un modo d’essere che una vera e propria patologia; la correlazione tra emicrania e malattia di Ménière è stata suffragata anche da studi recenti: nella nostra casistica quasi il 35% dei pazienti  affetti da malattia di Ménière presenta cefalea di tipo emicranico.

Non sembra invece giustificata la correlazione tra vertigine parossistica (VPP) ed emicrania: da uno studio recente eseguito sul territorio di Siena è stato dimostrato che l’incidenza di emicrania nei soggetti con VPP è la stessa di quella nella popolazione normale. La stima di una più alta incidenza di VPP nei soggetti emicranici potrebbe derivare da un`erronea interpretazione clinica: durante gli episodi vertiginoso-posturali, l’emicranico riferisce spesso un’esacerbazione dei sintomi a seguito di movimenti della testa e questo può comportare un errore diagnostico dell’esaminatore su base anamnestica; in effetti nella VPP i sintomi sono “provocati ” e non “accentuati ” dai cambiamenti di posizione del capo.

In ogni caso, l’inquadramento dei disturbi otoneurologici che ha fornito dall’I.H.S. è insoddisfacente e tanto meno può essere considerato un vero e proprio tentativo di classificazione della vertigine emicranica: la I.H.S. si è infatti limitata ad una mera elencazione di disturbi senza alcun razionale clinico classificativo.

Personalmente riteniamo che l’unica modalità razionale per classificare la vertigine emicranica debba essere basata sulle correlazioni temporali tra cefalea e vertigine, sia come relazione temporale tra singolo episodio di vertigine e singola crisi di cefalea, sia come relazione temporale fra esordio della vertigine ed andamento della cefalea nel corso della vita del paziente emicranico.

Secondo questa classificazione la vertigine emicranica (VE) è suddivisa in 2 grandi famiglie:

  1. la VE associata (VEA) nella quale, durante il singolo attacco, cefalea e vertigine si manifestano contemporaneamente;
  2. la VE equivalente (VEE) nella quale cefalea e vertigine rappresentano sintomi alternativi che si presentano in momenti diversi. Ognuna delle due famiglie è suddivisa in sottofamiglie in base a differenti tipologie di correlazione temporale.

LA VERTIGINE EMICRANICA ASSOCIATA (V.E.A.)

La vertigine emicranica può essere definita come “associata” solo quando, nel soggetto .emicranico, il singolo attacco vertiginoso-posturale e la singola crisi di cefalea si manifestano contemporaneamente o comunque con una stretta correlazione temporale.

Le due sottofamiglie della VEA (VEA come Aura e VEA concomitante) si diversificano fra di loro in base alla differente correlazione temporale che può esistere tra vertigine e cefalea nell`ambito della singola manifestazione sintomatologica.

Vertigine emicranica associata come Aura

Definizione: turba vertiginoso-posturale del soggetto emicranico, che deve durare da un minimo di 4 minuti ad un massimo di 60 minuti precedendo la singola crisi cefalgica, immediatamente o con un intervallo libero di non più di 1 ora.

Nella Figura l riportiamo una rappresentazione grafica del rapporto temporale esistente fra i due sintomi (cefalea e vertigine) nell’ambito del singolo attacco di VEA come Aura.

Per poter classificare un disturbo vertiginoso-posturale come “aura emicranica ” la vertigine dovrà necessariamente rispettare i criteri di definizione che l’I.H.S. ha enunciato per l’aura emicranica.

La raccolta dei dati anamnestici essenziale per porre una diagnosi corretta di vertigine come aura emicranica è apparentemente semplice ma per niente scontata. L’anamnesi fornita spontaneamente dal paziente non è mai sufficiente per la diagnosi: un corretto inquadramento infatti si realizza solo quando lo specialista pone specifiche domande su tipologia, durata ed andamento temporale dei sintomi.

Questo soprattutto perché il paziente non riferisce quasi mai la cefalea che segue la vertigine: per lui, così avvezzo alla cefalea per tanti fattori scatenanti (eccessi od errori dietetici, ciclo mestruale, stress etc.), il mal di testa è solo la naturale conseguenza dell’attacco di vertigine, che egli considera come un evento scatenante ben più importante di molti altri.

Per questi motivi la vertigine come aura, che è comunque evento non frequente (5 casi osservati personalmente in 15 anni), è poco conosciuta e sottostimata; non a caso in bibliografia non esiste una sola casistica di questa entità nosologica.

VEA concomitante

Turba vertiginoso-posturale della durata di ore (o di giorni) che nel soggetto emicranico si manifesta insieme alle singole crisi di cefalea, potendo in parte anche precederle e/o seguirle. Nella Figura 2 riportiamo la relazione temporale esistente fra i sintomi nel singolo episodio.

La diagnosi di questa forma di VEA è abbastanza agevole, in quanto lo stesso paziente si rende conto della stretta correlazione tra la vertigine e la cefalea e la riferisce come tale intuendo gli stretti rapporti temporali e di sovrapposizione di queste due manifestazioni dell’emicrania.

È di gran lunga la vertigine emicranica più frequente. I pazienti con questo tipo di sintomatologia consultano con più facilità l’esperto in cefalee che non il vestibologo.

La vertigine concomitante si ritrova sia nell’emicrania con aura che nell’emicrania senz’aura, ma la forma più eclatante si verifica nell’emicrania basilare dove ritroviamo associati segni neurologici anche pesanti, soprattutto a carico del tronco encefalico, del cervelletto, del lobo occipitale e dei nervi cranici; nell’emicrania basilare si possono manifestare anche disturbi uditivi ed acufeni.

LA VERTIGINE EMICRANICA EQUIVALENTE.  (V.E.E.)

La vertigine emicranica può essere definita come equivalente solo quando l’attacco vertiginoso – posturale sostituisce completamente l ‘attacco di cefalea, presentandosi in forma isolata, senza alcun rapporto temporale diretto con le crisi di cefalea.

La vertigine rappresenta un sintomo “alternativo ” alla crisi cefalgica, scatenato probabilmente da meccanismi patogenetici analoghi e struttura bersaglio diversa.

Nella V.E.E. non esiste uno stretto rapporto temporale tra la singola crisi di cefalea e di vertigine, ma la seconda accade nella fase florida come manifestazione sostitutiva, quindi “equivalente”, della prima.

La VEE può essere di vario tipo, in base al rapporto temporale esistente tra il periodo d’esordio della vertigine ed il periodo florido delle crisi algiche; nella vita del soggetto emicranico la VEE può quindi precedere (VEE precoce), sostituire parzialmente (VEE intercritica) o seguire (VEE tardiva), il periodo florido della cefalea emicranica.

V.E.E. precoce

Turbe vertiginoso-posturali che rappresenta un sintomo alternativo (equivalente) alla cefalea precedendo nel tempo (precoce) il periodo delle crisi algiche (precritica) configurandosi spesso come la prima vera manifestazione clinica dell’habitus emicranico del paziente.

VEE precoce, La vertigine si manifesta in un periodo precedente la cefalea.

Le due principali forme cliniche di V.E.E. precoce sono rappresentate dal torcicollo parossistico dell’ infanzia e dalla vertigine parossistica dell’infanzia.

Queste due entità nosologiche sono più comunemete definite come “precursori” emicranici, ossia come prime manifestazioni di un habitus che poi si esplicherà sotto forma di cefalea emicranica. A nostro giudizio, invece, sia la vertigine parossistica dell’infanzia che il torcicollo parossistico dell`infanzia hanno già tutte le caratteristiche di una VEE precoce, con dignità clinica e caratteristiche nosologiche proprie.

La vertigine parossistica dell’infanzia si manifesta in modo subacuto e senza prodromi con malessere ed arresto motorio volontario del bambino che può rimanere sofferente da alcuni minuti a poche ore per poi riprendere normalmente la propria attività motoria ed anche ludica. Il bambino, durante la crisi vertiginosa, non è per lo più in grado di descrivere la propria sintomatologia e spesso queste manifestazioni, proprio per l’arresto motorio, vengono scambiate per assenze epilettiche. Qualche volta la VEE precoce si può manifestare nell’adolescenza, dopo l’età infantile ma comunque prima della cefalea.

Rispetto alla vertigine parossistica, il torcicollo parossistico infantile ha una durata più lunga, una minore incidenza di presentazione e si sviluppa più precocemente nell’infanzia. Poiché il torcicollo è da attribuire ad una disfunzione acuta e transitoria del sistema otolitico-spinale, esso deve essere inquadrato di diritto nella VEE precoce. Solo raramente torcicollo e vertigine si manifestano entrambe nello stesso soggetto; più spesso sono alternativi.

V.E.E. intercritica

Turbe vertiginoso-posturali di durata variabile (da minuti a giorni) che si verificano durante il periodo florido delle crisi algiche, come manifestazione recidivante sostitutiva (equivalente) di alcune delle singole crisi di cefalea (intercritica).

VEE intercritica, sostituzione delle crisi cefaliche con crisi vertiginose nel periodo algico florido.

La VEE intercritica è già stata descritta in bibliografia da più Autori sotto il termine di “vertigine benigna ricorrente” dell’adulto, termine che noi riteniamo improprio perché non esplicativo e mal inquadrabile.

I rapporti temporali tra attacchi di vertigine e di cefalea sono espressi in Figura 4.

In sintesi il paziente subisce delle crisi vertiginoso-posturali al posto di crisi cefalalgiche delle quali soffre ormai da tempo. Anche in questo caso la diagnosi può non essere agevole, in quanto le due manifestazioni sono soggettivamente troppo differenti per il paziente che quindi non tende ad associarle.

Il malato viene a consulenza solo per le vertigini (esperienza sintomatologica per lui nuova) e non per le crisi cefalagiche (sintomatologia inveterata per lui ormai consueta). Anche in questo caso la ricerca anamnestica deve essere accurata e mirata per capire i rapporti tra le due manifestazioni. Molto spesso la cefalea non viene riferita spontaneamente nemmeno nell’anamnesi patologica remota. Inoltre le crisi vertiginose sostitutive trovano talora somiglianza con gli attacchi di cefalea, per quanto riguarda modalità d`esordio (fattori scatenanti simili),  caratteristiche temporali (durata delle crisi, periodo peri-mestruale), disturbi associati (nausea, fono-fotofobia), comportamenti morfologici (esacerbazione con attività o con semplici movimenti). Rara ma possibile l’eventualità che la VEE sia preceduta da una vera aura emicranica (due pazienti in casistica personale).

V.E.E. epigona

Definizione: turbe vertiginoso-posturali che nel soggetto emicranica si manifestano tardivamente (tardiva) sostituendosi agli attacchi di cefalea (equivalente) quando le crisi algiche sono scomparse o notevolmente ridotte (post critica o epigona), in età ancora fertile o talora con la menopausa.

VEE epigona, sostituzione della cefalea florida con equivalenti vertiginosi

Andamento temporale di cefalea e vertigine in Figura 5. La V.E.E. epigona si manifesta dopo che il paziente ha già avuto la fase florida del mal di testa. Quando iniziano le crisi vertiginose, la cefalea scompare o diminuisce notevolmente in intensità e/o in frequenza di presentazione. I sintomi vestibolari sostituiscono quindi tardivamente la cefalea senza intervallo temporale o con un intervallo libero più o meno breve.

Alcune volte la trasformazione da cefalea in vertigine avviene gradualmente senza intervallo libero: esiste in questo caso un periodo di alternanza dei sintomi in cui la cefalea tende a diradarsi mentre la vertigine prende progressivamente il sopravvento. In più di un terzo dei pazienti, il periodo di conversione da cefalea a vertigine epigona coincide con la menopausa.

Perché la diagnosi di vertigine emicranica sia proponibile, lo specialista dovrà per prima cosa accertarsi se il paziente, che si presenta con un disturbo vertiginoso-posturale ricorrente, soffra di cefalea; qualora esista una cefalea, si dovrà stabilire se si tratta di una cefalea emicranica di tipo senz’aura, con aura o di una delle varianti cliniche previste (emicrania con aura; emicrania senza aura; emicrania oftalmoplegica; emicrania retinica).

Nella Tabella V riportiamo i criteri previsti dall’IHS per definire clinicamente un`emicrania senz’aura, che rappresenta il tipo di cefalea emicranica di gran lunga più diffusa.

Tabella V – Emicrania senz’aura: criteri

  1. Almeno 5 attacchi di cefalea con criteri 2.- 4.
  2. Durata degli attacchi da 4 a 72 ore, quando non trattati o non rispondenti alla terapia
  3. Almeno 2 delle quattro caratteristiche a seguire:
    • Carattere pulsante.
    • Localizzazione unilaterale.
    • Aggravamento con attività fisica quotidiana.
    • d)      Intensità moderata o severa (riduce o proibisce la normale attivita quotidiana).
  4. Presenza di almeno uno dei 2 seguenti sintomi di accompagnamento
    • Fonofotobia.
    • Nausea e/o vomito
  5. diagnosi di cefalea secondaria (da trauma, vascolare, endocrina, da sost. esogene, da infezioni, da dismetabolismi, da patologia ORL – Oculistica.

Per l’emicrania con aura, la seconda per incidenza, sono previsti gli stessi criteri ma la cefalea deve essere preceduta da un’aura con caratteristiche peculiari (Tab. VI).

Tabella  VI –  Emicrania con aura. (Criteri diagnostici H.I.S  per aura)

  1. Almeno due attacchi che soddisfino il punto 2.
  2. Almeno-3 delle 4 caratteristiche sotto elencate:
    • Uno o più sintomi di aura totalmente reversibili indicanti disfunzioni cerebrali corticali o troncoencefaliche.
    • La presenza di almeno un sintomo dell’aura che si sviluppa per più di quattro minuti, oppure 2 o più sintomi che si sviluppano in successione.
    • Nessun sintomo dell’aura deve durare più di 60 minuti. Se più di un sintomo è presente la durata accettabile è direttamente proporzionale.
    • La cefalea segue l’aura senza intervallo libero o con inten/allo minore di 60′.

Come già detto, spesso il paziente non riferisce spontaneamente la cefalea di cui soffre. Talora può addirittura negarla anche dopo esplicita domanda dell’esaminatore: infatti se gli attacchi di cefalea sono sporadici, non li ritiene sufficienti per definirsi come “sofferente di mal di testa”; al contrario, per le norme dell’I.H.S. bastano anche solo 5 attacchi rispondenti ai requisiti clinici stabili, per definire il paziente come emicranico. Si consideri inoltre che nella nostra esperienza è per lo più la VEA (di facile diagnosi ed intensa solo nell’emicrania basilare) che si manifesta nei grandi emicranici, mentre sono affetti da VEE (più intensa, disabilitante e a diagnosi spesso misconosciuta) più spesso soggetti emicranici con cefalea non invalidante.

Personalmente pensiamo possibile una VEE anche in un soggetto senza cefalee (VE acritica), specie se esiste un’elevata incidenza di familiarità emicranica, ma riteniamo che per una corretta diagnosi di VE, la presenza nei pazienti di cefalea debba rappresentare un criterio clinico indispensabile; fanno eccezione, ovviamente, la vertigine ed il torcicollo parossistici infantili, che precedono di regola il periodo cefalalgico.

Altro criterio necessario per la diagnosi è presenza di patologie specifiche in ambito otologico o neurologico che possano da sole giustificare la comparsa di turbe vertiginose ad andamento ricorrente. Per avere la massima garanzia che non esista una patologia del sistema nervoso centrale, occorrerà che siano negativi sia la visita neurologica che la risonanza magnetica cerebrale; fanno eccezione ovviamente quei pochi casi con esiti neurologici di comprovata natura emicranica.

Per ultimo, non dovrà esistere patologia vascolare documentata o comunque fattori di rischio vascolare clinicamente importanti (ipertensione, diabete, mesenchimopatie ecc.): infatti l’emicrania stessa rappresenta un analogo fattore di rischio vascolare ed in alcuni pazienti la VEE si può manifestare più tardivamente (vedi VEE epigona) in periodo post-menopausale: in questo caso la diagnosi differenziale si pone soprattutto con l’insufficienza vertebro-basilare transitoria che può determinare manifestazioni vertiginose in parte simili alla VEE.

Nella Tabella VII riassumiamo i criteri clinici “indispensabili” per poter prospettare una diagnosi di VE.

Una volta verificato il rispetto dei criteri indispensabili, occorre comunque tener presente che per la VE non esistono dati anamnestici, segni clinici o reperti strumentali che ci possano fornire una certezza diagnostica. Trattandosi di una diagnosi di presunzione sarà pertanto necessario, nell’indagine clinica, ricercare altri fattori la cui presenza tenda a consolidare ulteriormente l’ipotesi di VE, per arrivare possibilmente ad una diagnosi “ad elevata probabilità”.

Tabella VII –  Diagnosi di vertigine Emicranica. (Criteri clinici indispensabili)

  1. Soggetti con emicrania vera nelle forme cliniche riconosciute (norme l.H.S).
  2. Presenza di episodi ricorrenti di crisi vertiginose e/o turbe posturali.
  3. Assenza di altra patologia otoneurologica che giustifichi le turbe vertiginose.
  4. Visita neurologica o RMN cerebrale negative.
  5. Assenza di fattori-rischio vascolare clinicamente importanti.

Nella Tabella VIII riportiamo, ordinati secondo la cronologia con cui vengono evidenziati durante la valutazione clinica, una serie di criteri importanti, ma non necessariamente presenti, per avvalorare la diagnosi.

Tabella VIII

  1. Sesso femminile.
  2. Eta giovanile o comunque fertile.
  3. Familiarità emicranica certa.
  4. Marcata cinetosi in anamnesi personale.
  5. Prole con vertigine o torcicollo parossistico infantili.
  6. Rapporti della vertigine con il ciclo mestruale.
  7. Fono-foto-fobia durante la vertigine.
  8. Eventuale cefalea che accompagni o segua il singolo attacco di vertigine.
  9. Rapporti della vertigine con il ciclo mestruale
  10. Presenza di specifici fattori che facilitano la comparsa della vertigine
  11. Fono-fotofobia durante la vertigine
  12. Sintomi vertiginosi accentuati con i movimenti del capo.
  13. Risoluzione subacuta della vertigine senza esiti.
  14. Risoluzione della vertigine con sonno e/o vomito
  15. Scomparsa dei sintomi con la gravidanza.
  16. Precedenti attacchi di cefalea con associati sintomi uditivi transitori.
  17. Semeiologia vestibolare negativa.
  18. Ipereflessia e/o marcata vagotonia alle stimolazioni caloriche.
  19. Beneficio ex-adjuvantibus alla profilassi emicranica
  20. Vertigine migliorata in fase acuta con farmaci antiemicranici sintomatici.

L’archetipo di un soggetto con VE è un paziente di sesso femminile, di età giovanile, o comunque fertile, cinetosica almeno nell’infanzia, tendenzialmente ipotesa con comparsa di cefalea in età post-puberale e con familiarità emicranica; la familiarità deve essere valutata non solo nei consanguinei di età analoga o più anziani, ma anche su eventuali figli con manifestazioni vestibolari precoci.

La sintomatologia vertiginoso-posturale può esordire in vari periodi della vita e con diverso rapporto temporale con la cefalea (vedi classificazione clinica). Essa si può presentare con durata ed aspetti qualitativi variabili nei tempo, anche nello stesso soggetto.

Questa diversificazione dei vari episodi è abbastanza frequente nella VE, mentre per tante altre patologie vestibolari le crisi sono molto più stereotipate. Tale incostanza sintomatologica è giustificata dalla capacità dei meccanismi patogeni della emicrania di mettere in sofferenza sia le strutture vestibolari periferiche che quelle centrali; inoltre la disfunzione può verificarsi in un emisistema con asimmetria vestibolare, comparsa di nistagmo e di conseguente vertigine rotatoria oggettiva (analogamente alla cefalea limitata ad un emicranico) oppure verificarsi in entrambi gli emisistemi vestibolari con conseguente turba posturale (analogamente alla cefalea diffusa).

La presenza di un’aura, anche occasionale, che precede la vertigine ed una eventuale cefalea che accompagni o segua l’attacco vertiginoso, sono due eventualità che da sole determinano una diagnosi di VE pressoché certa.

Criteri clinici per una diagnosi ad alta probabilità sono anche la frequente coincidenza della vertigine con il periodo perimestruale o con specifici fattori scatenanti (stress, errori alimentari, sonno ridotto ecc.).

Importanti anche l’eventuale presenza di fono-foto-fobia od iperosmia durante le crisi e l’accentuazione

dei sintomi per semplici movimenti del capo. La vertigine rotatoria può durare da parecchi minuti fino a 2-3 giorni, mentre le turbe posturali possono protrarsi anche per lunghi periodi. La risoluzione dei sintomi avviene di regola in modo subacuta e con ritorno alla normalità senza esiti. Da non sottovalutare la capacità della VEE di risolvere talora dopo aver vomitato o con il sonno. Con una gravidanza, spesso la sintomatologia si riduce o scompare.

Alcuni emicranici con VE, riferiscono pregressi episodio di cefalea con associati sintomi uditivi transitori da orecchio interno (acufeni, diploacusia, iperacusia, senso di pienezza auricolare mono o binaurale).

Nei periodi intercritici, la semeiotica vestibolare è negativa (85% dei pazienti) con assenza di nistagmo spontaneo – posizionale, riflettività labirintica simmetrica e normale funzione uditiva. Nei pazienti con VE, è comunque da annotare una frequente iperreflessia vestibolare alle prove termiche ed una marcata vagotonia peristimolatoria con prolungata persistenza dei sintomi vagali dopo la stimolazione.

In alcuni emicranici, il singolo attacco di VEE può trovare beneficio con l’assunzione precoce di farmaci normalmente utilizzati come sintomatici all’esordio della crisi di cefalea. È comunque soprattutto con una profilassi farmacologica che si può riuscire ad ottenere un ottimo e persistente beneficio sui sintomi emicranici: un chiaro miglioramento della sindrome vertiginosa sotto profilassi, rappresenta anch’esso un importante criterio clinico per validare ex-adjuvantibus la diagnosi di VE.

In conclusione possiamo affermare che la diagnosi di VE diviene abbastanza semplice ed intuitiva solo affidandosi a criteri anamnestici mirati, precisi, quasi puntigliosi e se tali criteri non vengono rispettati, semeiotica vestibolare ed accertamenti clinici difficilmente potranno fornire ulteriori utili elementi: ciò probabilmente giustifica il gran numero di pazienti con VE misconosciuta o etichettata con le più multiformi pseudo-diagnosi.

Post suggeriti

Leave a Comment

Contattaci

Inviaci una mail, risponderemo nel più breve tempo possibile.

Illeggibile? Cambia il testo. captcha txt