Guida all’anamnesi ragionata.
La storia riferita dal paziente è uno dei momenti più importanti dell’esame otoneurologico.
Una anamnesi ben condotta permette un orientamento diagnostico, che non potrà essere che avvalorato e confermato dalla semeiotica vestibolare, e ci guiderà nella scelta degli accertamenti da effettuare, siano essi non strumentali che strumentali.
La vertigine è un sintomo complesso, complicato da riferire oltre che da capire e da interpretare.
Il paziente che si rivolge a noi vive una esperienza a dir poco devastante, un nuovo modo di sentire il mondo esterno, perde il controllo del “fuori di se”. Descrivere queste nuove sensazioni è spesso difficile perché il paziente non capisce quello che gli sta succedendo e allora si aggancia al suo vissuto, il suo racconto è confuso, frammentario. Egli tende a raccontarci il suo iter tra studi medici, pronto soccorso e ospedali, più che i suoi sintomi.
E’ pertanto necessario che l’anamnesi sia “guidata” dallo specialista, che deve essere in grado di portare il paziente ad una descrizione accurata dei sintomi, di quei dettagli qualitativi, quantitativi e temporali, che possono anche apparire insignificanti al paziente, dall’esordio della sintomatologia fino a quel momento.
L’anamnesi dovrà essere condotta dallo specialista personalmente e in un rapporto stretto e diretto con il paziente: evitando protocolli anamnestici precostituiti , e con cognizione di causa ovvero sapendo dove si va a finire indirizzando il paziente, senza forzarlo, ossia non bisogna cadere nella situazione opposta, ovvero far dire al paziente cose non vere ma che ci fanno comodo.
Per tale motivo ci muoveremo per grandi temi essendo impossibile impostare un percorso anamnestico definito e costante, la raccolta dell’anamnesi varierà infatti da paziente a paziente in relazione alla sintomatologia riferita e alle risposte alle nostre domande.
A volte, in presenza di un esame assolutamente negativo è proprio la storia clinica raccolta personalmente a fornirci l’indirizzo per successive valutazioni diagnostiche.
Descrivere la vertigine.
Davanti a questa nuova esperienza, generalmente insorge l’ansia. Il racconto è confuso e domina il timore di non guarire. Per cui i pazienti cercano di rendere le loro sensazioni con espressioni del tipo:
- Mi gira sempre la testa
- Si muove l’ambiente
- Mi manca l’equilibrio
- Mi sembra di cadere
- Mi sento la testa vuota
- Mi sento “svenire”
Tendono ad enfatizzazione dei sintomi autonomici (nausea, vomito, sudorazione, diarrea), e a questo punto esibiscono tutti i farmaci che sono stati loro somministrati.
Ma andiamo con ordine.
La Vertigine
Il sintomo vertigine, quella che noi intendiamo “vertigine vera”, è una vertigine rotatoria; il paziente ha la sensazione di movimento dello spazio intorno a se (vertigine oggettiva), o di se nello spazio (vertigine soggettiva). E’ un sintomo determinato dalla sofferenza di un emisistema vestibolare (centrale o periferico) generato non necessariamente dal movimento del soggetto, anche se questo ne accentua il sintomo.
L’asimmetria acuta degli input canalari è interpretata come una reale rotazione verso il lato prevalente, la cui logica conseguenza è una alterazione corticale della percezione spaziale e quindi la vertigine, che quindi è un sintomo corticale “acuto”.
L’assioma: vertigine oggettiva sintomo di lesione periferica, vertigine soggettiva sintomo di lesione centrale è sicuramente un “falso di autore” un retaggio del passato, che è necessario sfatare una volta per tutte.
Le seguenti considerazioni di fisiopatologia dimostrano l’infondatezza della affermazione:
La vertigine rotatoria è espressione del deficit di un emisistema vestibolare e in particolare o per un’alterazione della normale attività di base del sistema canalare, o per una anomala elaborazione di un segnale periferico perfettamente regolare.
In entrambi i casi si genera una asimmetria nel VOR con comparsa del segno cardine della semiotica vestibolare: Il nistagmo. E’ proprio il nistagmo che genera l’illusoria sensazione di rotazione (Vertigine Vera), che si manifesta nella direzione della fase lenta del nistagmo, ossia verso il lato ipovalente, che non è necessariamente il lato leso.
A questo punto è facile affermare che non può esistere una vertigine rotatoria senza Nistagmo, anche se esiste un nistagmo senza vertigine come nei nistagmi congeniti.
L’intensità del Nistagmo e di conseguenza la violenza della vertigine, dipendono da tre fattori:
- tempo trascorso dall’insorgenza del il deficit
- rapidità di insorgenza
- unilateralità del danno
Un deficit di un emisistema osservato poche ore dopo l’insorgenza, ha un nistagmo e quindi una vertigine molto intensa. Un deficit instaurato in modo acuto, ad es. la trombosi dell’arteria vestibolare superiore, produce un nistagmo ed una vertigine molto più intensa rispetto a quella osservata per lesioni progressive quali ad esempio il neurinoma dell’acustico. Ed infine se il danno interessa un emisistema avremo nistagmo e vertigine il deficit bilaterale produce invece oscillopsia.
Ora, è nozione universalmente accettata che la fissazione visiva sia in grado di cancellare un nistagmo vestibolare, se però il nistagmo, alla base della vertigine rotatoria, è molto intenso, esso può non sarà completamente inibito dalla fissazione, questo di conseguenza genera una sensazione illusoria di scivolamento dello spazio circostante nella direzione e nel piano della fase lenta del nistagmo (vertigine oggettiva vera);
Se invece il nistagmo è meno intenso e riesce ad essere inibito dalla fissazione, il paziente percepirà lo spazio circostante stabile ad occhi aperti, mentre in assenza di visione, il nistagmo e quindi la sensazione soggettiva di rotazione ricompare. (vertigine soggettiva).
Quindi in un deficit completo labirintico acuto, insorto improvvisamente, nei primi giorni il nistagmo è particolarmente intenso e non potrà essere inibito dalla fissazione visiva: il paziente riferirà una vertigine oggettiva; nei giorni successivi, i meccanismi di compenso ridurranno l’intensità del nistagmo che sarà adesso inibito dalla fissazione visiva ed il paziente descriverà la sua vertigine come soggettiva.
Quindi vertigini oggettiva e soggettiva spesso descritte come entità qualitativamente diverse, in effetti sono due aspetti dello stesso sintomo e la loro differenziazione è solo quantitativa: dipende infatti esclusivamente dalla intensità del nistagmo.
L’oscillopsia
L’oscillopsia, invece è caratterizzata da un’illusione di movimento e instabilità dello spazio circostante. Si manifesta quasi sempre durante i movimenti della testa, per questo detta oscillopsia “dinamica”, cosa che si verifica regolarmente durante la deambulazione: nella marcia i movimenti cefalici generano insicurezza per difficoltà a stabilizzare la visione foveale con sensazione di oscillazione dello spazio circostante;
L’oscillopsia dinamica è espressione di un deficit del VOR: come quello che si riscontra nella MdM bilaterale, nella labirintopatie degenerative bilaterali iatrogene (trattamento con farmaci ototossici) o familiari, nei deficit periferici in fase di scarso compenso centrale.
Diverso è il concetto di di Dizziness con la quale parliamo di qualsiasi turba dell’equilibrio che comprometta la postura del paziente sia durante la stazione eretta, che durante la deambulazione, in assenza di vertigine.
Un esempio in forma acutissima si riscontra per lo più nella MdM in fase otolitica di Tumarkin, e nella IVB transitoria, come espressione di patologia maculare periferica.
Non appena abbiamo chiaro il tipo di sintomo che lamenta il paziente continuiamo ad indagare sui caratteri del sintomo.
Ci muoveremo adesso a definire il sintomo vertigine secondo la seguente check-list:
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Modalità di esordio
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Andamento temporale
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Intensità
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Fattori scatenanti
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Situazioni preesistenti / coesistenti
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Sintomi associati
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Inquadramento etiologico
Modalità di esordio
Questo è un dato spesso sottovalutato ma che può dare significative informazioni al fine della formulazione di una corretta diagnosi.
Una crisi vertiginoso-posturale può esordire con varie modalità temporali:
- In forma acuta
- In forma subacuta
- In forma progressiva
L’esordio acuto
particolarmente brusco richiama soprattutto una etiologia vascolare da deficit acuto microcircolo labirintico.(Arteria uditiva interna ma più spesso arteria vestibolare anteriore). In questo caso il paziente riferisce spesso di essere passato dallo stato di benessere a quello vertiginoso nell’arco anche di pochi secondi.
Nelle turbe del microcircolo labirintico, il quadro sintomatologico varia a seconda che venga colpita l’arteria uditiva interna o una delle arteriole collaterali o terminali, la vertigine infatti può associarsi o meno a sintomi cocleari.
Brusco è l’esordio dei sintomi (pulsione improvvisa spesso con caduta) nella fase otolitica di Tumarkin della malattia di Ménierè (MdM).
Sempre acuto ma meno brusco è l’esordio della vertigine nella labirintopatia ad etiologia virale (vertigine spesso oggettiva senza sintomi cocleari associati).
L’esordio subacuto,
con periodo variabile da minuti a circa mezz’ora nella quale la sintomatologia raggiungere la sua massima intensità come avviene malattia di Ménierè il cui meccanismo patogenetico prevede un aumento pressione endolinfatica nel labirinto posteriore e successiva sofferenza labirintica
Nella Vertigine emicranica in cui i meccanismi patogenetici sono graduali, e la sintomatologia vertiginosa raggiunge la massima intensità in circa mezz’ora.
Esordio graduale
L’esordio graduale con aggravamento dei sintomi nell’arco di giorni o mesi è appannaggio di numerose patologie sia periferiche che centrali. Nelle labirintopatie degenerative, il deficit periferico si raggiunge gradualmente e in modo relativamente simmetrico, pertanto la sintomatologia sarà prevalentemente posturale con disequilibrio senza vere crisi vertiginose.
Così come nel deficit labirintico bilaterale di natura iatrogena, soprattutto da streptomicina e aminoglicosidi in genere, il danno si instaura nell’arco di giorni o settimane con marcate turbe posturali, il deficit infetti è simmetrico, difficoltà alla stazione eretta e possibili sintomi audiogeni associati in assenza di segni neurologi.
Progressivamente ingravescente
Nelle neoplasie tronco-cerebellari un andamento progressivamente ingravescente per un tempo decisamente più prolungato.
Andamento temporale ed intensità del sintomo
Puntualizzare questo aspetto è uno dei punti più qualificante della raccolta anamnestica.
episodio singolo
della durata di giorni o settimane
episodio che si ripete nel tempo (ricorrente)
della durata di secondi o minuti
ed ancora
La sintomatologia ha una intensità stabile nel tempo.
La sintomatologia ha una intensità fluttuante nel tempo.
La sintomatologia ha una intensità decrescente nel tempo.
Avendo ben in mente le patologie più frequenti nelle quali ci possiamo imbattere, se ci troviamo di fronte ad una:
vertigine che si presenta la prima volta, episodio singolo
della durata di parecchi giorni o settimane
in miglioramento del tempo
allora quasi sicuramente ci troviamo di fronte ad una neurite vestibolare, un deficit vestibolare acuto, che potrà chiarirsi nel prosieguo della raccolta anamnestica, di origine vascolare o virale.
Oppure una :
vertigine ricorrente, parecchi episodio simili nel tempo
della durata di ore
di intensità variabile
non ha grandi alternative, dovremmo pensare ad una malattia di Ménière, una vertigine emicranica o una vertigine su base vascolare.
Ed ancora una:
vertigine ricorrente, parecchi episodio simili nel tempo
della durata di secondi
di intensità variabile, ma con caratteristiche qualitative molto simili tra di loro
dovremmo pensare ad una Vertigine parossistica posizionale.
Per inciso a questo punto mi va di segnalare che la vertigine ha un enorme componente emotiva, si associa ad ansia, per cui un episodio che dura pochi secondi, viene percepito dal paziente di durata superiore, in questo caso sarà abilità di chi raccoglie l’anamnesi puntualizzare il dato.
Avendo ben presente questo, incominciamo a caratterizzare la patologia e le domande successive andranno modulate di conseguenza.
Fattori scatenanti.
A questo punto dobbiamo indagare se esistono delle situazioni che scatenano la crisi vertiginosa, un classico esempio è quello di chiedere se la vertigine ha rapporto con determinati movimenti che compie il paziente:
alzarsi dal letto
andare a letto
girarsi a letto su di un fianco
cioè stiamo indagando su un possibile fattore dinamico che chiameremo “di posizionamento” e non “posizionale”.
La differenza tra vertigine posizionale e di posizionamento non è semantica, ma sostanziale, perché la vertigine posizionale è quella messa in evidenza o incrementata dalla posizione del paziente e quindi ci rende conto dell’influenza del vettore gravitazionale sull’intensità del nistagmo che è mediato dalla macula utriculare, mentre una vertigine di posizionamento è quella che viene scatenata dal movimento di un ammasso otoconiale libero di muoversi all’interno di un canale semicircolare per effetto della accelerazione indotta dal movimento e dalla forza di gravità.
Spesso il paziente capisce esattamente qual’è il movimento scatenante (ad esempio girarsi sul fianco destro), e riferisce che cerca accuratamente di evitare quel movimento scatenante. A questo punto sarebbe bene chiedere se rimanendo immobile per qualche minuto la vertigine si riduce o cessa, domanda che distinguerebbe definitivamente la vertigine “di posizione” da quella “di posizionamento”.
Altri fattori scatenanti anche se più rari che vale la pena ricordare:
Variazioni della pressione endocranica:
Colpi di tosse
Manovra di Valsalva (Andare di corpo, sollevare pesi)
Soffiare il naso
Suoni particolarmente intensi:
Suono della sirena ( sindrome da terza finestra) siamo per lo più in presenza di una deiscenza del canale semicircolare superiore (fenomeno di Tullio) congenita o acquisita.
Fattori favorenti.
È opportuno chiedere al paziente se prima dell’attacco vertiginoso vi sia stata cefalea; infatti nella vertigine emicranica “concomitante” la cefalea può accompagnare o seguire la turba vertiginoso – posturale ma può talora anche precederla: in questo ultimo caso la cefalea ha un chiaro rapporto causale diretto e può essere considerata un fattore favorente.
Altre volte la cefalea, pur presente nel passato, quando compare l’attacco vertiginoso emicranico è assente. In questo caso la turba vestibolare sostituisce completamente il sintomo algico (vertigine emicranica “equivalente”) in questo caso il paziente non ricorda la sua storia cefalgica e sopratutto non la mette in correlazione con la presente sintomatologia vertiginosa, anche questa volta sarà abilità di chi raccoglie l’anamnesi di mettere in luce questa correlazione.
La vertigine su base emicranica può essere talora facilitata da periodi di stress, da variazioni di abitudini di vita, da alterazioni del rapporto veglia-sonno, da modificazioni di consuetudini alimentari, dall’assunzione di certi cibi (vino, cioccolata, formaggi). Nelle donne in età fertile, la vertigine emicranica ha certamente una maggiore incidenza nel periodo perimestruale.
Nella vertigine parossistica posizionale benigna (VPPB), può essere considerato un fattore favorente un periodo di allettamento prolungato, interventi chirurgici in narcosi, e nella mia esperienza interventi sull’occhio come quello di cataratta, probabilmente per la posizione assunta dal paziente per lungo tempo durante l’intervento.
Sintomi associati.
Di fronte ad una vertigine ricorrente della durata di ore l’altra domanda sarà:
- Ha sintomi uditivi associati?
- Quando arriva la vertigine ha la sensazione di un calo uditivo?
- Sente l’orecchio che si tappa?
- Ha ronzio / aumenta il fruscio all’orecchio?
La positività delle risposte a queste domande ci porteranno inevitabilmente a orientare la nostra attenzione verso la malattia di Ménière.
Ed ancora
- Soffre di mal di testa?
- Con quale frequenza si presenta?
- Durata della cefalea
- Caratteri della cefalea
- E’ Unilaterale?
- E’ Pulsante ?
- Limita o impedisce il daily living ?
- Peggiora con l’attività fisica ?
- Si accompagna a nausea o vomito ?
- Si accompagna a fonofobia – fotofobia ?
- Ci sono dei sintomi/segni che precedono l’insorgenza della cefalea?
- Sintomi visivi
- Sintomi sensoriali
- Alterazioni del linguaggio
- Sintomi motori
- Rapporti temporali tra cefalea e vertigine:
- Accompagna o precede la cefalea ?
- Eventi precedenti la comparsa della sintomatologia (Aura)
È sicuramente importante la ricerca di qualunque manifestazione virale che si sia verificata nei giorni precedenti l’episodio vertiginoso-posturale:
Eventi generalizzati
- sindrome influenzale
- febbre
- flogosi delle vie aeree
Eventi localizzati
- parotite epidemica
- eruzioni cutanee
- vescicole herpetiche
Eventi traumatici importanti
vengono quasi sempre riferiti spontaneamente, ma talora anche traumi cranici più modesti possono essere significativi per spiegare la vertigine
Uso di farmaci ototossici
specie aminoglicosidici (streptomicina, gentamicina, chemioterapici (cisplatinum, vincristina ecc.), indagare sull’uso abituale di alcolici.
Interventi otochirurgici o neurochirurgici più o meno recenti.
Sintomi audiologici associati.
E’ importante indagare sulla presenza di ipoacusia che potrebbe avere caratteristiche peculiari importanti per la formulazione di una corretta diagnosi,
- Monolaterale / bilaterale
- Simmetrica / asimmetrica
- Presenza / assenza di recruitment
- Pantonale o prevalente sui toni gravi o acuti
- Insorgenza acuta o graduale
- Fluttuante o costante nel tempo
- Stazionaria / ingravescente
- Presenza/assenza di acufeni
- Acufeni monolaterali /bilaterali
Sono dati importanti nella storia riferita dal paziente, possono essere decisivi o di aiuto per la diagnosi.
Nella MdM l’ipoacusia di solito precede la crisi vertiginosa. L’esordio dell’ipoacusia è sub-acuto e si associa sempre al senso di pienezza auricolare (Tappamento) che è un concetto diverso dall’ovattamento (con autofonia) tipico delle patologie dell’orecchio medio e esterno.
Molto frequente è la comparsa di acufeni di vario tipo. Nel sospetto di questa malattia dobbiamo sempre chiedere al paziente se avverte anche
- diplacusia (distorsione del suono)
- fonofobia (fastidio per suoni più intensi)
equivalente sintomatologico del fenomeno del recruitment cocleare. Se il paziente riferisce in modo chiaro i sintomi sopra citati, la probabilità di una MdM è molto alta.
Ricordiamo che se è la crisi vertiginosa a risolvere l’ipoacusia siamo davanti ad una MdM con variante di esordio tipo Lermoyez.
Una ipoacusia monolaterale ad ingravescenza molto lenta, acufeni sul lato dell’ipoacusia e sintomi vestibolari spesso sfumati, deve far pensare alla possibilità di un processo espansivo nell’angolo ponto-cerebellare, per la lenta evoluzione del processo espansivo infatti, il paziente non riferirà mai una franca vertigine rotatoria, ma riferirà l’ipoacusia ingravescente monolaterale e l’acufene associato.
Nei disturbi vertiginoso-posturali recidivanti da IVB transitoria è abbastanza frequente ipoacusia monolaterale o bilaterale asimmetrica associata: infatti, per il circolo cerebrale posteriore, la coclea rappresenta “l’ultimo prato”, fra l’altro terminale, ad alto metabolismo e praticamente privo di circoli collaterali.
Sintomi neurovegetativi associati.
Sono in assoluto i sintomi che vengono descritti con maggiore dettaglio dal paziente in quanto riconoscendo la sintomatologia per esperienze precedenti, li riferisce i dettagli in maniera puntuale.
La nausea, vomito, sudorazione profusa, talvolta diarrea sono i sintomi che accompagnano in maniera specifica tutte le vertigini acute, quelle cioè che insorgono improvvisamente, o al riacutizzarsi di una malattia ad andamento progressivo.
Le vertigini ad insorgenza progressiva, invece non si accompagnano mai a sintomatologia neurovegetativa per i fenomeni di compenso che si vanno istaurando man mano che la malattia progredisce.
Possiamo anzi considerare questi segni come un indice di acuità della patologia. Infatti più la lesione di emisistema vestibolare è recente e a rapida insorgenza e tanto più la sintomatologia neurovegetativa sarà rappresentata.
Inquadramento etiologico.
Quest’ultimo momento della storia riferita dal paziente è particolarmente importante perché aiuta a ipotizzare possibili momenti etiologici dei disturbi per cui il soggetto è venuto a consulenza.
Le domande da rivolgere al paziente devono mirare ad evidenziare se il paziente ha particolari predisposizioni cliniche verso una patologia vascolare.
Pertanto al paziente va sempre chiesto se esistono fattori di rischio importanti per:
- ipertensione,
- dislipidemia,
- diabete,
- tabagismo,
- obesità,
- alterata coagulazione,
- iperviscosità siero-ematica.
inoltre dovrà essere indagato qualunque eventuale evento cardio-vascolare pregresso, presente nell’anamnesi patologica remota.
Questi dati risulteranno importanti soprattutto nel sospetto di labirintopatie deficitarie acute, IVB transitorie e stroke cerebro-vascolari anche parcellari. (Vertigine Vascolare)
Nelle donne in età fertile, è importante indagare circa la presenza nella storia, di manifestazioni riferibili all’emicrania: precursori emicranici infantili, comparsa di cefalea con caratteristiche tipiche, cinetosi, familiarità per patologia emicranica.
Alcune vestibolopatie sono giustificabili sulla base di una patologia autoimmune con aggressione diretta sulle strutture nervose. Se presente questo sospetto al paziente va sempre chiesto se soffre di patologie di sicura origine immunologica (artrite reumatoide, lupus eritematoso, poliartrite nodosa, sindrome di Sjògren, ecc.).
La manifestazione vestibolare autoimmune più importante è certamente la sindrome di Cogan, che si può evidenziare in forma acuta con deficit cocleo-vestibolare bilaterale a rapida ingravescenza.